Spettacoli precedenti

Lo spettacolo ‘Uno di Noi’ ripropone liberamente, in chiave musicale, senza alcuna volontà biografica e ricostruzione storica, alcuni momenti della vita di Don Arcangelo Tadini, visti con gli occhi della gente che gli viveva vicino.
Nell’occasione del centenario della fondazione delle Suore Operaie della Santa Casa di 
Nazareth e dopo il 3 ottobre 1999 la Chiesa lo ha proclamato Beato, lo spirito del messaggio di Don Arcangelo Tadini viene riproposto con gioia in questo musical dalle sue suore e dal gruppo teatrale ‘1 di NOI’. Per chi ha lavorato alla realizzazione di ‘Uno di noi’, la speranza è che tanti rimangano affascinati da quel “… fragile, Santo Parroco zoppo…”

Qualcuno, sospeso tra il tempo e l’eterno, ci scruta e ci aspetta…
Si tratta d’immaginazione, di finzione scenica , di occhi diversi o forse di fede? Noi ci abbiamo creduto.
Ne è uscita una storia che, a poco a poco, ha assunto i toni e i colori di una Parola già incontrata.
E’ una storia che si ostina a ripetrsi anche oggi, perché noi umani siamo così, un po’ vittime, un po’ carnefici, ma tutti in attesa di reali i presunte promesse di felicità.
Tra le innumerevoli proposte della vita siamo liberi di scegliere il bene, il vero, il bello. Facile? Neanche per idea, se mettiamo in conto la seduzione di una inquietante presenza che non ha nome e si nasconde nelle pieghe della nostra vita, nelle reti del quotidiano. 
Ma da Lassù abbiamo già ricevuto la buona notizia. E se bastasse riascoltare questo messaggio, magari dalla voce di chi in cielo ci vive e scende sulla terra con un battito d’ali e una lettera tra le mani? E il sipario si apre, spietato, sul palcoscenico, come sulla nostra vita, ma all’orizzonte si staglia, nitida, la strada del ritorno: “Qualsiasi cosa avrete fatto ai vostri fratelli, l’avrete fatta a Me”.

Strano come la nostra vita inizi con la sete di spazi aperti, di ossigeno, di libertà e trascorra nella ricerca ossessiva di limitare lo spazio, di creare perimetri, recinti, si chiamino essi case, palazzi, uffici, aziende, vicoli o parchi…
Già da bambini abbiamo bisogno di costruirci casette, rifugi, tane, fortini. Cubi, parallelepipedi, schermi… Pare che tutto sia fatto di linee per darci sicurezza. 
Qualcuno l’ha capito. Qualcuno che sa e può controllare la nostra vita. E noi, uomini e donne che abbiamo fatto della nostra testa una divinità, come possiamo impedirle di calcolare, di tracciare righe, di segnare confini?
E va tutto bene - molto bene! - finché accettiamo che la nostra casa sia il cubo che ci hanno regalato, ma quando vogliamo essere noi a regalare qualcosa  a qualcuno e ci avventuriamo fuori, ci accorgiamo di riposare in un Abbraccio lontano e infinito: il sangue, le lacrime, la fame, la nostalgia, l’amore non hanno forma, non sono calcolabili, allineabili. Sono pensieri, sensazioni  e preghiere che ci scivolano piacevolmente addosso, come una carezza di Sabbia.